Varia
Leggere: la chiave per la cultura e la libertà
Titolo: Ernesto Basile.
Atlante delle opere palermitane (1878-1932)
di Danilo Maniscalco
prefazione di Eleonora Marrone Basile
Pagine: 464 - Colore
Dimensioni: 21x27
brossura
ISBN: 978-88-98115-67-9
Euro: 50,00
Disponibilità: ESAURITO
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Dopo oltre due anni e mezzo di lavoro, l’autore propone per la prima volta un Atlante tematico relativo al territorio metropolitano della Città di Palermo, all’interno del quale ritrovare, attraverso le architetture di Ernesto Basile, quella “Grande bellezza Floreale” tipica della città felice dei Florio e dei Whitaker, mediante un ricco e rinnovato apparato iconografico letteralmente costruito sul campo, opera dopo opera.
Oltre 750 immagini di cui una ottantina di inediti provenienti dall’Archivio Basile di Palermo e da collezionisti privati; disegni e schizzi autografi pubblicati qui per la prima volta, 64 schede storico-artistiche relative ad opere ancora esistenti, 7 di “opere perdute”, realizzate dal grande protagonista del Liberty italiano autore dell’Ampliamento della Camera dei Deputati di Montecitorio, tutte analizzate e raccontate ad oltre quarant’anni di distanza dalla grande mostra retrospettiva alla Biennale di Venezia del 1980 dedicata proprio al Maestro della Scuola di Palermo.
Di ogni opera sono indicati indirizzo, proprietà ed eventuali collaboratori oltre che le principali coordinate storico-critiche, tutte armonizzate secondo il criterio cronologico dalla prima fase eclettica, passando per l’esplosione del codice Art Nouveau e finendo all’ultima fase di vera e propria Maniera basiliana. Chiude il volume una breve sintesi dei profili biografici relativi alle personalità culturali e imprenditoriali di rilievo, gravitanti attorno alla figura di una delle personalità artistiche più rappresentative del gusto Floreale europeo.
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Ferdinando di Borbone fugge a Palermo con la sua corte nel 1798 protetto dagli Inglesi. Ha perduto Napoli, le sue ricchezze, un figlio nella traversata. Eppure non si perde d’animo e appena arrivato si dedica alle sue passioni preferite: la fondazione di riserve dove poter esercitare la caccia, gli allevamenti e la pesca. Maria Carolina invece non si rassegna: afflitta ma furente cercherà in tutti i modi di riconquistare il regno perduto.
I quindici anni complessivi di soggiorno forzato della corte in Sicilia porteranno grandi benefici a Palermo che diventerà nuovamente la capitale del regno. Nella “Palermo dominante” Ferdinando e suo figlio, il principe ereditario Francesco, vollero riserve separate, una ai Colli e l’altra a Boccadifalco perché l’uno prediligeva la caccia e l’altro la sperimentazione agricola. Qui introdussero attrezzi e tecniche agricole già in gran parte sperimentate a Napoli ma nuove per l’Isola, una produzione casearia che la Sicilia non conosceva, nuove razze per la caccia e l’allevamento, piante esotiche e rare oggetto di studio e altre alla base di una futura produzione su scala.
L’idillio tramonterà quando gli Inglesi vorranno dare una Costituzione all’Isola. La Costituzione verrà promulgata ma tre anni dopo Ferdinando, tornato a Napoli, l’abolirà. Il sovrano lasciò in Sicilia suo figlio come luogotenente. I moti rivoluzionari del 1820 chiuderanno definitivamente un’epoca. Palermo era stata ancora una volta, forse l’ultima, al centro dell’attenzione europea.
Questo libro racconta, con dovizia di particolari, frutto di ricerche d’archivio, la storia di queste riserve quando ci vivevano i Borbone. Se l’aspetto architettonico-artistico della Palazzina Cinese è già stato indagato, la novità di questo volume consiste nell’indagine venatoria e botanica, nella storia delle tenute aggregate, nella ricostruzione della vita quotidiana che si conduceva alla Favorita e a Boccadifalco.
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Nato nella “piccola Atene” il 24 giugno 1896, dopo il conseguimento della licenza superiore presso la Scuola tecnica Filippo Cordova di Caltanissetta, si sposta insieme alla famiglia nel capoluogo siciliano per frequentare la Regia Scuola di Applicazione per ingegneri e architetti, dove si laurea a ventidue anni nel Dicembre 1918, anno in cui si diploma ancora nel corso Speciale di Architettura istituito presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, istituzioni entrambe rette e dirette dal maestro del Floreale italiano (1891-1932) Ernesto Basile. Diviene assistente di Michele Luigi Albeggiani alla cattedra di Geometria Descrittiva e di Antonio Zanca alla Cattedra di Disegno e rilievo al quale subentra come titolare dello stesso insegnamento nel 1932. Appare nelle istanze formali, estetiche e concettuali “monumentale” ancor prima che il fascismo faccia il suo esordio sulla scena culturale italiana, manifestando la personale cifra artistica già nel concorso per l’Imbocco monumentale della via Roma (1922), attraversando la parentesi littoria fondendovi la personale adesione al primo Razionalismo italiano e proseguendo nell’immediato dopoguerra tra picchi di Neorealismo e Organicismo di matrice Wrightiana. A marcarne l’aura intellettuale a cavallo tra le due guerre, è la corrispondenza inedita con Argan, Piacentini, Samonà, Calandra, La Grassa, Accascina. Singolare della poliedricità del personaggio, è altresì la suggestiva produzione artistica, già declinata nelle opere architettoniche, relativa alla grafica, alle caricature (circa 200) e soprattutto alla pittura (circa 90 oli su tela) solo adesso messi in luce. Una produzione tale per qualità e quantità da inquadrare l’artista Cardella all’interno del perimetro sperimentale degli anni Venti e Trenta nel solco della corrente artistica transnazionale di Ritorno all’ordine. Ne sono testimonianza le partecipazioni alle collettive della Primaverile di artisti indipendenti (1925) e della Terza Sindacale fascista (1932), con il suo Estremo Chiarore ancora oggi in possesso dalla Civica Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo. Primo docente di Composizione architettonica nella neonata Facoltà di Architettura durante l’occupazione militare alleata (1944), fu maestro di architetti tra i quali: Culotta, Fernandez, Barraja, Carpintieri, La Duca, Perricone Engel, Pirrone, Capitano, Ni- cosia; Presidente dell’Ordine degli Architetti di Sicilia (1944-1951). Muore a Palermo il 14 settembre 1973 unico, tra i protagonisti del “dibattito creativo” isolano, ad aver solcato con medesimo impegno militante i piani di pittura e architettura per oltre mezzo secolo, con opere a: Roma, Caltanissetta, Gela, Ragusa, Enna, Palermo e Casteldaccia, luogo in cui riposa insieme al fratello Giovanni e le sorelle Lina, Elena e Chiara. Il suo archivio privato è custodito a Palermo.
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Un viaggio nella poetica di uno dei più sensibili interpreti della pittura siciliana tra Otto e Novecento. Con sguardo acuto e partecipe, Tomaselli ha raccontato una Sicilia autentica, fatta di volti, gesti e paesaggi carichi di verità quotidiana. Questo catalogo, attraverso una selezione di opere emblematiche – dai paesaggi alle scene sacre, dalla vita popolare ai celebri carusi,
culmine della sua produzione, in gran parte provenienti da collezioni private – ripercorre l’evoluzione del suo linguaggio pittorico, dagli esordi accademici alle tele mature, dove luce e colore rivelano l’essenza di un’isola senza tempo.
La mostra, arricchita da confronti con altri maestri del Verismo siciliano, restituisce il profilo di un artista che ha unito rigore formale e umanità vibrante, aperto anche alle influenze europee, costituendo un’opportunità critica per rileggere la sua pittura oltre gli schemi.
In questo contesto, Tomaselli emerge come testimone straordinario di un’epoca, meritevole di un rinnovato posto nel panorama artistico italiano, capace di trasformare zolfatari, campagne e rituali popolari in icone di una Sicilia eterna.
Titolo: Scritti di Guido Di Stefano
tra storia e tutela del patrimonio architettonico e urbano
a cura di Emanuela Garofalo e Antonino Margagliotta
Pagine: 228 - Colore
Dimensioni: 24x22
brossura
ISBN: 978-88-98115-72-3
Euro: 35,00
Disponibilità: Immediata
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Attraverso le pagine di questo volume è possibile immergersi nella lettura di alcuni scritti del professore Guido Di Stefano, qui riuniti a comporre un’antologia che si muove tra gli studi storici e le riflessioni sul tema della tutela, pubblicati in un arco cronologico che va dagli anni Trenta alla fine degli anni Cinquanta del XX secolo. Tali contributi sono come delle tessere di un più ampio mosaico in cui la necessità di sintesi, pur sacrificando alcune parti, permette di cogliere il significato della lezione del docente palermitano.
Gli stralci estrapolati dai saggi più ampi o gli articoli ripubblicati nella loro completezza restituiscono una riflessione in cui pensiero e azione si fondono in un unico modus operandi. Infatti, Di Stefano scrive: «Tra le più gravi contraddizioni del nostro tempo è da annoverarsi quella che al notevole progresso degli studi in architettura ed alla parallela formazione di una sempre più acuta coscienza storico-critica dei valori monumentali contrappone una spicciola azione urbanistica, che di quei valori non sembra tenere alcun conto; cosicché la sempre più vasta e rapida trasformazione delle nostre città assume spesso il carattere di una cieca aggressione ai centri storici e monumentali e si risolve in un vero e proprio autolesionismo municipale e nazionale. L’evidente contraddizione denuncia un permanente stato di isolamento della nostra cultura, una dannosa esistenza di compartimenti stagni, una persistente disarmonia tra il pensiero e l’azione del nostro tempo; disarmonia che diventa estrema, quando, come spesso accade, fra cultura e tecnica venga a frapporsi l’interesse politico, certamente realizzatore, ma eterogeneo e spesso unilaterale e sfasato sia rispetto ai progressi della tecnica che a quelli della cultura».
Negli scritti raccolti in questo volume il rigore dello storico si accompagna all’attenzione e alla sensibilità per la cro- naca, con una vocazione all’impegno da studioso ‘operante’, come testimonia tra l’altro, negli anni che precedono la sua prematura scomparsa nel 1962, la precisa presa di posizione in occasione della distruzione della Villa Deliella.
Titolo: Oh! Mio povero Re
Controstoria del Genio di Palermo
di Alessandro Dell’Aira, Giovanni Purpura
Pagine: 160 - Colore
Dimensioni: 17x24
brossura
ISBN: 978-88-98115-65-5
Euro: 28,00
Disponibilità: Immediata
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Un privilegio di Ferdinando d'Aragona, re di Sicilia, concesso il 28 gennaio 1489, autorizza i Magnifici Giurati della città di Palermo a inserire nel loro sigillo un Homo con lo Scursuni in cinta. È il più antico documento sul cosiddetto “Genio”, senza accenni a legami con antiche divinità del pantheon fenicio, greco e romano. Stando a un sonetto cinquecentesco di Argisto Giuffredi, si tratterebbe del Vecchio Oreto, padre dei palermitani, il fiume che “ben d’oro il nome porta” e scorre nella Conca d’Oro, detta Oretea prima che il medico filosofo Matteo Donia, nipote del protomedico Giovan Filippo Ingrassia, la ribattezzasse Concha Aurea.
Di questa idea fu anche il marchese di Villabianca, che nella Fontanagrafia Oretea, o Palermitana, chiamò la sua amata patria “Reggia della Sicilia, con la campagna sua aurea attorno, nota col titolo di Conca d’oro”, e illustrò il manoscritto con un Vecchio dalla barba fluente che versa l’acqua di una giara in una grande conca. Ma già un secolo prima di lui, il letterato e giurisperito Vincenzo Auria aveva trascritto una misteriosa inscriptio Panhormida da una lapide che ornava la vasca del Fonte Averinga al Papireto, e l’aveva associata ad alcune vignette popolari del Vecchio, raffigurato in trionfo sulle due porte del Cassaro. La lapide, oggi scomparsa, era stata ideata nel 1553 da Giovan Filippo Ingrassia, incaricato dal viceré della bonifica di quella palude.
In questo volume, riccamente illustrato, al di sotto del tono dissacrante e scherzoso, mai irriverente, c’è pieno rispetto per le fonti antiche, medievali, moderne e contemporanee. Sono cinque secoli e mezzo di Controstoria di Palermo felicissima, inedita per molti aspetti, che ruotano intorno al suo emblema enigmatico e ai motti che lo accompagnano.
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Il termine “biofilia”, letteralmente amore per la vita, venne coniato dallo psicologo e filosofo tedesco Erich Fromm per descrivere la tendenza innata dell’uomo ad essere attratto da tutto ciò che è vivo e vitale. Partendo da questo concetto, il design biofilico è un approccio progettuale applicato all’architettura che mira a integrare la natura nell’ambiente costruito per promuovere il benessere psicofisico degli individui e ristabilire il legame tra uomo e natura, fortemente compromesso dall’urbanizzazione e dall’espansione delle città.
Il volume presenta i principi chiave del design biofilico, tra cui la connessione visiva con la natura, l’uso di luce naturale e la selezione di materiali naturali, tutti elementi che contribuiscono a creare spazi in grado di rispondere ai bisogni fisiologici ed emotivi degli occupanti, migliorando la loro qualità dell’abitare e promuovendo condizioni di benessere duraturo. Un altro aspetto centrale del volume riguarda le tecniche pratiche di integrazione del verde, come giardini verticali, tetti verdi e l’uso di piante all’interno degli edifici, che non solo abbelliscono gli spazi ma apportano benefici ecologici e salutistici tangibili, come la purificazione dell’aria, la riduzione dello stress, e l’incremento della biodiversità urbana.
Il libro analizza, inoltre, l’importanza dei materiali utilizzati nell’architettura biofilica, privilegiando quelli naturali come il legno, la pietra e il bambù, che sono in grado di favorire un ambiente salubre e di migliorare l’esperienza sensoriale degli utenti. A supporto di queste tematiche, il testo presenta una serie di esempi concreti di realizzazioni che mostrano come il design biofilico si possa applicare in modo efficace in diversi contesti, dimostrando la capacità di trasformare spazi rigidi e disconnessi in ambienti che stimolano il benessere e promuovono la sostenibilità.
Il design biofilico non rappresenta solo una risposta estetica, ma una vera e propria strategia di trasformazione che, integrando la natura nel costruito, contribuisce a creare ambienti che promuovono la salute, il benessere e la sostenibilità. In un’epoca in cui le problematiche ecologiche e psicologiche sono sempre più critiche, il design biofilico emerge come un modello fondamentale per il futuro della progettazione architettonica, in grado di ristabilire il legame fondamentale tra uomo e natura e di garantire spazi più salutari e vivibili per le generazioni future.
Titolo: Il Tesoro del Santuario di
Santa Rosalia sul Montepellegrino
di Salvatore Mercadante
Pagine: 208 - Colore
Dimensioni: 21x27
brossura
ISBN: 978-88-98115-73-0
Euro: 34,00
Disponibilità: Immediata
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Il volume rappresenta il felice esito di un lavoro di ricerca che prende in esame, per la prima volta in maniera specifica, il tesoro del santuario di Santa Rosalia sul Montepellegrino.
Il libro si compone di un primo saggio introduttivo che apre alla problematica in oggetto fornendo alcune necessarie informazioni di natura propedeutica. A questo segue la ricostruzione storica del perduto fasto del tesoro di Santa Rosalia, condotta su base documentale. Utile allo scopo è stato lo studio degli antichi inventari manoscritti curati dalla Deputazione della venerabile grotta e chiesa di Santa Rosalia sul Montepellegrino.
Definite le coordinate storiche e le principali tappe che hanno determinato una stratificata vicenda fatta di donazioni, alienazioni e dispersioni di beni, il lavoro prosegue con l’analisi e la contestualizzazione culturale del tesoro giunto ai nostri giorni, ponendo l’accento sulla munificenza della committenza e sulla genesi di un corpus di opere ascrivibili a un arco cronologico che va dalla metà del XVII secolo al XX.
Il volume si completa con un catalogo composto da schede di contenuto storico-critico relative alle singole opere, ciascuna accompagnata da relativa immagine fotografica.
Di natura sussidiaria è, infine, l’appendice nella quale si accludono le trascrizioni degli antichi inventari manoscritti e un regesto documentario che sintetizza il contenuto delle principali fonti d’archivio considerate.
Le opere d’arte donate al tesoro del santuario di Santa Rosalia sono diretta testimonianza della plurisecolare devozione tributata alla Santuzza. Il loro studio e la loro salvaguardia contribuiscono ad accrescere la consapevolezza dell’alto patrimonio culturale della città di Palermo.
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Scrivere è consegnare a futura memoria fatti ed eventi che hanno segnato cambiamento e progresso ma, al contempo, è restituire a coloro che ne sono stati artefici e protagonisti il giusto posto nella storia. È con questo intento che Elio Cardinale in “Una volta Palermo” nell’excursus, volto a raccontare la storia della medicina e il divenire delle scienze, precisa il contributo di quanti, o palermitani o operanti in città, hanno segnato quelle tappe che hanno significato pietre miliari del sapere scientifico e del progresso sanitario.
Nelle pagine, agili nella prosa e affascinanti nella fabulazione del tema, scorrono i grandi che tra 800 e 900 hanno dominato non solo nell’orizzonte siciliano ma nel palcoscenico europeo e internazionale. Un periodo fecondo che si snoda in una Palermo che vive da capitale della cultura artistica, del commercio, del jet set internazionale, dove si impone la grande scienza con personalità quali Stanislao Cannizzaro, Orso Mario Corbino, Emilio Segrè, Augusto Righi, Pietro Cignolini, per citarne alcuni, ma anche grandi medici come Pietro Pisani, Enrico Albanese, Niccolò Cervello e altri ancora. Nomi che hanno segnato il tempo della storia, ma anche cadenzato nella memoria il percorso personale dell’autore, nel suo divenire a sua volta maestro di scienza e di vita. Il libro di Elio Cardinale, nel regalare un famelio di scienziati e medici, scrive pagine dense di notizie, di fatti ed eventi, dove le microstorie del quotidiano si fanno affresco di storie più grandi.
Con questo impegno editoriale l’autore vuole restituire, con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, il posto che compete a Palermo nella storia del progresso delle scienze, ma al contempo, da allievo devoto, realizza un atto d’amore verso i suoi maestri.
Rita Cedrini
Titolo: Venezia e il Liberty
di Daniela Brignone
Pagine: 160 - Colore
Dimensioni: 17x24
brossura
ISBN: 978-88-98115-69-3
Euro: 29,00
Disponibilità: Immediata
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Il Liberty veneziano nasce da un sincretismo tra le istanze estetiche internazionali e la ricchezza decorativa locale, ponendosi come un momento fondamentale per l’inaugurazione di un’intensa e straordinaria stagione creativa.
Dalla metà del XIX secolo fino ai primi decenni del Novecento, si affermarono le intuizioni più felici che portarono il territorio a un rapido sviluppo culturale ed economico: sorsero nuovi quartieri ed importanti attività produttive, si diede vita ad importanti opere di valorizzazione ed emersero le figure di architetti, artisti e artigiani, nonché imprenditori dalle grandi vedute e dai potenti mezzi economici che cambiarono il volto della città.
I dibattiti tra i conservatori e i fautori di un rinnovamento nel linguaggio artistico e architettonico e le polemiche sull’arte nell’ambito della neonata Biennale veneziana caratterizzarono il periodo fin de siècle.
Il volume esplora le atmosfere del Lido nella sua epoca d’oro, il progresso e i limiti nell’edilizia e l’apporto degli architetti, capaci di fondere armoniosamente caratteri moderni e bizantinismi, il contributo degli artisti e della Biennale d’arte alla rinascita culturale e alla divulgazione delle nuove proposte, la sperimentazione nella produzione artigianale, ricostruendo, altresì, un percorso attraverso la storia del gusto, della moda e del design.
Titolo: Come Palermo diventò “elettrica”
di Augusto Marinelli
Pagine: 176 - BN
Dimensioni: 14x21
brossura
ISBN: 978-88-98115-49-5
Euro: 18,00
Disponibilità: Immediata
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Il libro studia, sulla base di una documentazione inedita, l’introduzione e il consolidarsi progressivo, tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo, nella vita quotidiana e nell’economia cittadina, dell’elettricità attraverso l’azione delle amministrazioni comunali, dando ampio spazio alle vicende delle aziende che agirono sia nella sfera dell’illuminazione pubblica che in quella dell’uso privato o industriale di una così nuova e rivoluzionaria forma di energia.
Titolo: Sicilia. Isola della Salute
di Alberto Maringhini
Pagine: 120 - Colore
Dimensioni: 17x24
brossura
ISBN: 978-88-98115-74-7
Euro: 20,00
Disponibilità: Immediata
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Nell’Ottocento la Sicilia era meta di turismo sanitario per i malati di tubercolosi per la minore aggressività della malattia. Nel 1897 l’“Associazione pel Bene Economico”, costituita da aristocratici e uomini d’affari siciliani, invitò la rivista inglese The Lancet a indagare se scientificamente la Sicilia potesse essere definita un “Health Resort”.
The Lancet accettò la proposta e inviò una Commissione: “... la posizione geografica della Sicilia è la chiave per comprendere le caratteristiche climatiche ed etniche della Sicilia, e giustifica il singolare, interessante e tormentato corso della storia siciliana. Il clima della Sicilia appartiene alla calda classe marina. È caratterizzato da grande uniformità ed assenza di temperature estreme, sia annuali che diurne, da una elevata proporzione di giornate calde, luminose ed assolate, da umidità e precipitazioni modeste. La flora nell’Orto Botanico di Palermo è una conferma di un clima accogliente per le piante provenienti da tutto il mondo”. Acquedotti, ospedali, alberghi, rendono la Sicilia il luogo più adatto per gli inverni dei tubercolotici.
Più recentemente l’epidemia del COVID-19 ha mostrato, in Sicilia, una mortalità dimezzata rispetto alla media nazionale, confermando una minore aggressività delle patologie polmonari infettive.
Ci piacerebbe immaginare che l’Isola potesse tornare meta di turismo “sanitario”, con uno sviluppo economico fondato sul “sfruttamento” turistico del suo clima e delle sue bellezze paesaggistiche e monumentali.
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Un viaggio insolito nell’ultimo millennio. Attraverso venti cinque medaglioni di potenti del nostro mondo, nel campo della politica, guerra, letteratura, pittura, musica, scienza, filosofia si narra la storia in maniera originale.
I personaggi del libro con le loro imprese, le loro opere, il loro ingegno, il loro eroismo sono raccomandati alla fama dei posteri. La salute dietro la storia per entrare tra le pieghe e le rughe di personalità eminenti, parlando anche della loro vita privata, con le debolezze, le bulimie, le follie.
Napoleone, Leonardo, Beethoven, Nietzsche, Luigi XIV il re Sole, Elisabetta I, Paganini, Petrarca, Galileo, Richelieu, Leopardi e tanti altri, sono anche guardati quasi dal buco della serratura, ma senza pruderie e con espressioni sgualcite, con puntiglio, ironia, e talora simpatia. Tutti divengono per il lettore conosciuti e, forse, amici.
L’Autore vuole dimostrare come malattie, infermità o deformazioni corporee, da qualcuno definite le "grandi manovre della morte", abbiano influito sulle azioni dei protagonisti nella storia dell’umanità.
Il dibattito sul tema del rapporto tra malattie - tubercolosi, quarantene (che Pirandello chiamava "piccole morti"), sifilide, epilessia, follia e altri malanni - creatività e potere è assai articolato dal punto di vista culturale e scientifico. La salute influenza le opere; il lavoro condiziona la salute. In sintesi, la salute come motore, spesso nascosto o sottovalutato, delle gesta di illustri personaggi.
La storia diviene filosofia insegnata per esempio, così un forte interesse della vita presente può muovere e indagare fatti passati.
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Questo libro rappresenta una vera e propria bussola per chi vuole conoscere il vasto panorama di film che, in un secolo di storia, hanno visto protagonisti giornalisti, editori, comunicatori in genere. Quasi 250 titoli costituiscono la filmografia di riferimento, con la citazione di oltre 800 nomi di registi, attori, sceneggiatori, giornalisti; rimangono da censire tanti film minori che potrebbero trovare posto in una prosecuzione di questo lavoro.
La ricerca contenuta in questo saggio critico è frutto di un lungo lavoro che l’autore ha svolto, grazie al suo percorso professionale: quello di giornalista professionista e Direttore della sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia.
Dalla Prefazione di Pietrangelo Buttafuoco:
Il saggio critico di Ivan Scinardo accompagna il lettore sulla soglia della vetrina in cui si specchia il vero e il verosimile dello spirito del tempo. Innumerevoli pellicole hanno celebrato o solamente descritto, al cinema, figure di giornalisti nelle loro più varie tipologie. Eroi o codardi, cinici o idealisti, pronti a tutto pur di fare o non fare la loro verità, disponibili a vendersi al miglior offerente. Sono quasi sempre figure maschili che per tutto il secolo scorso hanno interpretato tutte le mansioni nell'agerarchia della carta stampata, da semplici redattori a direttori, da freelance a inviati speciali, fino agli investigatori capaci di sostituirsi, con successo, nel giornalismo d’inchiesta, alle forze dell’ordine. Del resto il crinale tra racconto, giornalismo e investigazione rischia di essere estremamente sottile e spesso i giornalisti hanno pagato sulla propria pelle la coerenza della loro professione e il cinema ha saputo immortalare figure indimenticabili in questo senso.
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La storia del Cinematografo in Sicilia è ricca di aneddoti, curiosità, anomalie ed in generale straordinarie avventure, fin dall’arrivo dei primi apparecchi dalle “ombre in movimento” che si andavano diffondendo in tutta Europa. Già due anni dopo l’invenzione dei fratelli Lumière, il cinema arriva in tutta Italia (e dunque in Sicilia) per merito di indipendenti ma anche di lungimiranti imprenditori che capiscono le po- tenzialità nel nuovo mezzo “di cui tutti parlano” e la possibilità di un rapido modo per “fare cassa”, grazie anche al fatto che quella stanca nobiltà dai salotti annoiati andava cedendo il passo ad una nuova e dinamica borghesia tuttofare.
Il titolo (che riprende anche il “pirandelliano” Lumie di Sicilia) indica, racconta e rende omaggio ai cosiddetti Pionieri del Cinematografo dell’Isola: registi, produttori, imprenditori isolani che fondarono tante Società di Produzione, ma anche le prime Accademie di formazione cinematografica. E ancora attori di teatro, inventori geniali e autori indipendenti che riuscirono a restituire in immagini (a futura e permanente memoria) la realtà siciliana sociale, politica ed economica che vissero intensamente, con le loro visioni fuori dalle convenzioni e dalle regole del Sistema.
Una storia iniziata con l’arrivo delle prime macchine di immagini in movimento ed il primo regista operante a Palermo (Raffaello Lucarelli) che si snoda lungo tutta la Sicilia, a cavallo dei due conflitti mondiali, e che termina alla fine degli anni Cinquanta quando vi furono i primi tentativi di realizzare una Legge sul Cinema.
Un viaggio e un’indagine finalizzata al recupero e alla valorizzazione della memoria storica di una terra che troppo spesso inghiotte il suo passato in un buco nero.
Titolo: Dalla Memoria del Sacrificio
alla Celebrazione della Vittoria.
La Prima Guerra Mondiale nella Cultura
Artistica e Architettonica Siciliana
a cura di:
Rita Cedrini, Eliana Mauro,
Claudio Minghetti, Ettore Sessa, Mario Zito
Pagine: 344 - Colore
Dimensioni: 21x27
brossura
ISBN: 978-88-98115-51-8
Euro: 50,00
Disponibilità: Immediata
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Con i suoi 3.820.000 abitanti all’inizio dell’entrata in guerra dell’Italia (che all’epoca contava circa 36.000.000), unitamente alla Lombardia, al Veneto, all’Emilia e alla Toscana, l’isola rientra tra le cinque regioni con la più alta percentuale di combattenti (corrispondente all’8,7%). Un impegno, però, che costa alla popolazione siciliana tra i cinquantamila e i sessantamila morti (conteggiando anche i decessi successivi, ma sempre per causa bellica); un numero enorme che inserisce la Sicilia al quarto posto fra le regioni d’Italia per numero di caduti, ai quali vanno aggiunti tanti dispersi e un numero impressionante di feriti e mutilati. Ne consegue, negli anni immediatamente successivi al 1918 e poi negli anni Venti e Trenta (con solo casi di realizzazioni nel secondo dopoguerra, o più spesso di ricostruzioni o restauri), un’incredibile proliferazione di monumenti commemorativi e celebrativi presenti in quasi tutti i centri abitati della Sicilia e delle isole circostanti, oltre alle testimonianze artistiche o semplicemente documentarie lasciate in edifici pubblici (sedici comunali e amministrative, poste, stazioni ferroviarie, caserme), in edifici scolastici e universitari, nelle sedi di istituti di credito o di imprese private e nei complessi produttivi; fra i progettisti si ricordano Ernesto Basile, Salvatore Caronia Roberti, Angiolo Mazzoni, Giuseppe Spatrisano; fra gli artisti Mario Rutelli, Antonio Ugo, Ettore Ximenes.
Il volume è articolato in cinque sezioni tematiche (Monumenti Commemorativi e Monumenti Celebrativi; Parchi delle Rimembranze e Luoghi per la Memoria; Edilizia Assistenziale; Opere e Targhe per la Memoria; Testimonianze e Cimeli), e si propone come prima sortita documentaria sulla produzione architettonica e artistica scaturita e generata in Sicilia dalla tragedia bellica.
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Questo libro rappresenta una vera e propria bussola per chi vuole conoscere il vasto panorama di film che, in un secolo di storia, hanno visto protagonisti giornalisti, editori, comunicatori in genere. Quasi 250 titoli costituiscono la filmografia di riferimento, con la citazione di oltre 800 nomi di registi, attori, sceneggiatori, giornalisti; rimangono da censire tanti film minori che potrebbero trovare posto in una prosecuzione di questo lavoro.
La ricerca contenuta in questo saggio critico è frutto di un lungo lavoro che l’autore ha svolto, grazie al suo percorso professionale: quello di giornalista professionista e Direttore della sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia.
Dalla Prefazione di Pietrangelo Buttafuoco:
Il saggio critico di Ivan Scinardo accompagna il lettore sulla soglia della vetrina in cui si specchia il vero e il verosimile dello spirito del tempo. Innumerevoli pellicole hanno celebrato o solamente descritto, al cinema, figure di giornalisti nelle loro più varie tipologie. Eroi o codardi, cinici o idealisti, pronti a tutto pur di fare o non fare la loro verità, disponibili a vendersi al miglior offerente. Sono quasi sempre figure maschili che per tutto il secolo scorso hanno interpretato tutte le mansioni nell'agerarchia della carta stampata, da semplici redattori a direttori, da freelance a inviati speciali, fino agli investigatori capaci di sostituirsi, con successo, nel giornalismo d’inchiesta, alle forze dell’ordine. Del resto il crinale tra racconto, giornalismo e investigazione rischia di essere estremamente sottile e spesso i giornalisti hanno pagato sulla propria pelle la coerenza della loro professione e il cinema ha saputo immortalare figure indimenticabili in questo senso.
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Tre secoli di storia della gioielleria raccontati attraverso la produzione della famiglia Musy, fornitori di casa Savoia, autori di splendidi e preziosi manufatti, spesso accostati agli esempi delle più importanti case produttrici europee. L’autrice, attingendo alle fonti dell’epoca, ne illustra le vicende, attraverso i protagonisti, le curiosità, gli sfarzi delle corti e la storia del costume, con approfondimenti sulle realizzazioni di fine Ottocento e inizio Novecento, feconda stagione creativa dalle grandi esuberanze che i Musy seppero cogliere con sorprendente intuizione estetica.
Il volume rende omaggio ad un patrimonio di eccellenza che contempla capolavori di orologeria, gioielleria, accessori e oggettistica, delineandone le tecniche artistiche ed i motivi più diffusi che disegnarono un panorama di fitti rapporti internazionali, di scambi ed esperienze che determinò per la ditta uno sviluppo costante e sempre al passo coi tempi.
Un volume che approfondisce per la prima volta l’incredibile lavoro della Gioielleria più antica d'Italia.
Titolo: La Grande Guerra. I Grandi Uomini
a cura di Giuseppe Castrovinci
con uno scritto di Mario Isnenghi
Pagine: 168 - Colore e BN
Dimensioni: 24x33
cartonato
ISBN: 978-88-98115-09-9
Euro: 35,00
Disponibilità: Immediata
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Il volume ripercorre alcune tappe fondamentali della Brigata Ionio, il 221º reggimento fanteria; dalla scuola di guerra a Caserta e durante le esercitazioni, ai soldati che ricevono la benedizione prima di un combattimento, che vanno all’assalto di una collina, o mentre si lavano in un torrente. Nelle immagini sono rappresentati molti armamenti (nel caso italiano dovremmo parlare di “inadeguatezza degli armamenti”) utilizzati dal Regio Esercito, ma la particolarità delle foto va a i visi di quegli uomini, pieni di dignità e, inconsciamente, orgogliosi di essere lì a combattere per l’Italia; in realtà poco soldati e molto più contadini, artigiani, impiegati, capitati lì per un tragico destino.
Le pellicole da cui sono tratte queste immagini fanno parte di un unico blocco fotografico, realizzato con la Kodak Folding Pocket Special No.1-A, proprio da un siciliano, volontario negli “Arditi”, un corpo speciale dell’Esercito Italiano, nella Prima Guerra Mondiale e medaglia di bronzo al valor militare. Dopo due anni di “restauro” dei negativi, alcuni rovinatissimi, e una lunga opera di catalogazione, l’archivio ci testimonia tanti aspetti della guerra, dai più crudi a quelli più spensierati con i militari che sorridono davanti alla fotocamera nonostante sappiano quello che li aspetterà da lì a poco.
Titolo: Modica. Contributi per il recupero e
la riqualificazione del centro storico
a cura di Giuseppe Trombino
Pagine: 352 - Colore
Dimensioni: 29x40
cartonato
ISBN: 978-88-98115-33-4
Euro: 120,00
Disponibilità: Immediata
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Studiare Modica e riprogettare la riqualificazione del suo centro storico. Un volume di grande formato su un complesso lavoro di ricerca interdisciplinare che ha affrontato, in un'ottica integrata, le diverse questioni che connotano il tema del recupero e della riqualificazione del centro storico e che ha visto il coinvolgimento, al fianco dell'amministrazione comunale, di numerosissimi studiosi dell’Ateneo palermitano.
Titolo: Repertorio iconografico dei luoghi
e degli eventi di Palermo raffigurati nelle
stampe dal XV al XIX secolo
di Cesare Barbera Azzarello, Francesca Ferrara
Prefazione di Paola Barbera
Pagine: 320 - Colore
Dimensioni: 21x27
brossura
ISBN: 978-88-98115-25-9
Euro: 36,00
Disponibilità: Immediata
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Il volume mette a disposizione degli studiosi e degli appassionati cultori di Palermo quanto, allo stato attuale, si conosce sulla iconografia della città attraverso le stampe raffiguranti monumenti, scorci ed eventi storici che l'hanno vista protagonista.
La ricerca consente di mostrare, attraverso le rappresentazioni dei vari manufatti, la città nelle varie epoche (1400-1800), come essa era o come veniva rappresentata prima del diffondersi della fotografia.
Il repertorio è diviso in quattro parti:
- Libri nei quali sono incluse stampe raffiguranti luoghi ed eventi di Palermo;
- Periodici nei quali sono state pubblicate stampe raffiguranti luoghi ed eventi di Palermo;
- Stampe isolate o appartenenti ad opere non identificate;
- Disegni di luoghi di Palermo riprodotti in libri di recente pubblicazione.
L'accurato e fecondo lavoro di reperimento e raccolta degli autori è stato accompagnato da un instancabile impegno di indagine e studio sulle incisioni rinvenute che qui si vuole condividere per fornire tutti i dati utili (reperibilità, autore, incisore, editore) per la conoscenza e lo studio della storia, dell'urbanistica e dell'arte palermitana.
Completa l'opera il ricco corredo iconografico dell'appendice, in cui sono state riprodotte le stampe isolate o appartenenti ad opere non identificate non reperibili nelle istituzioni pubbliche consultate.
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Lo studio mira ad individuare una metodologia di approccio agli esiti della cultura architettonica moderna in Sicilia attraverso l’analisi dei suoi processi di formazione.
L’approccio generale, privo di ansietà totalizzanti e di pregiudizi ideologici, ha consentito di riconoscere il corpus dell’architettura moderna isolana quale entità molteplice, ricchissima di articolazioni, ma ben individuabile per il riscontro di connotazioni identitarie.
Il ricorso a letture analitiche comparate, nel determinare dei confronti ravvicinati tra aree della stessa regione e con altre realtà culturali nazionali, su una lunga durata temporale, è apparso metodologicamente adatto alla esplorazione di temi vasti, conosciuti in taluni aspetti, ma che non sono ancora stati sufficientemente analizzati da un punto di vista della formazione di un quadro d'insieme. Per dare un opportuno sviluppo ad un tema così complesso, lo studio è stato articolato secondo una struttura che comprende una prima parte saggistica, di carattere critico-interpretativa, ed una seconda parte costituita dalla schedatura di alcuni esempi architettonici, individuati e selezionati nel vasto panorama del patrimonio architettonico costruito in Sicilia tra il 1930 e il 1970, ed osservati come casi di indagine esemplari e paradigmatici di esplicitazione dei tematismi emergenti dallo studio, declinati soprattutto attraverso la nozione-concetto di moderno.
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Parlare oggi di museografia pone un implicito postulato: la necessità del riconoscimento di una sua specificità come disciplina di carattere progettuale che risulta orientata sia alla definizione delle condizioni appropriate alla valorizzazione e promozione, tramite la messa in “mostra”, di beni culturali materiali o immateriali; sia ai processi e alle modalità di definizione degli spazi architettonici preposti ad accogliere eventi espositivi permanenti o temporanei sino alla costituzione del ‘museo’ nella sua dimensione concettuale e oggettuale. È quindi possibile affermare come oggi la museografia risulti fortemente connaturata alla disciplina architettonica e ne rappresenti, peraltro, un aspetto rilevante nella pratica progettuale della contemporaneità.
Il volume offre una filogenesi culturale del museo, dalle origini ai nostri giorni, pervenendo alla individuazione di tematiche emergenti e alla interpretazione critica di esempi paradigmatici.
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Lo studio più completo su come si è sviluppata (e inviluppata) la Città di Palermo dalla fine del XVIII secolo alla fine del XX secolo.
Il presente testo raccoglie, in un volume unico, le due parti in cui era stato diviso il lavoro, raccontandoci con una passione più che mai viva la storia di una città: Palermo.
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Via e Carità traccia un inedito itinerario storico-artistico attraverso gli antichi ospedali della città di Palermo.
Una storia affascinante che si dipana dai primi secoli dopo Cristo fino ai giorni nostri, narra di sontuosi palazzi e monasteri trasformati in luoghi di cura, molti dei quali non più esistenti, di epidemie e di metodi di cura, di confraternite e compagnie, di pratiche devozionali e di botteghe dalle quali uscivano capolavori e manufatti di alto pregio artistico.
Storie di santi e di beati, simboli e allegorie, popolano il volume, protagonisti di un ricco repertorio artistico e espressione di scelte da parte delle committenze che si intrecciano a vicende politiche, religiose e sociali. Carità e bellezza, paura della morte e della dannazione eterna sono i temi che, sin dal Medioevo, hanno spinto alla commissione di opere d’arte e alla donazione di oggetti di valore, sotto l’impeto fomentato dalle predicazioni religiose e dall’alta mortalità dovuta alla diffusione dei morbi.
Il lavoro, frutto di una lunga ricerca attraverso antiche fonti documentarie, restituisce virtualmente ad ogni edificio nosocomiale i propri beni, ricostruendo gli ambienti ove erano collocati e le atmosfere dei luoghi che ospitavano gli infermi, tracciando, al contempo, le vicende di progettualità mai realizzate.
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Caltanissetta a cavallo degli anni Cinquanta (anche se potrebbe essere qualunque paese o città dell’entroterra siciliano). Questo è il tema affrontato dall’autore narrando fotograficamente come si viveva nelle vie dei quartieri popolari, come la strada fosse un elemento fondamentale quasi un’estensione della casa, come i bambini vivessero la strada come l’unico posto d’incontro con i coetanei del vicolo, dove stabilivano tra di loro rapporti talmente stretti e duraturi da chiamarsi tutti cugini.
L’autore messo a confronto con questa realtà, la fa propria con ovvie difficoltà, perché è nato e cresciuto in un mondo sociale molto differente dall’arealtà narrata. Da questo travaglio nasce l’intensità ed il valore espressivo e narrativo espresso nel libro. Anche i grandi eventi sociali, come le Feste Religiose, la Processione del Giovedì Santo, il Natale o meglio la “Novena” fino alla Fiera degli animali, sono vissuti con la stessa intensità.
Un elemento importante, e forse fondamentale, è che questi negativi sono stati dormienti per circa oltre 60 anni, ed il loro rileggerli dopo così tanto tempo pieno di profondi cambiamenti personali, sociali, economici e culturali, permette, dopo essersi liberato dagli elementi nostalgici, dimostrare quanto fu importante e condizionante la realtà di allora su quella di oggi.
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Il presente volume intende avviare una riflessione attorno al ridotto corpus di documentaria cui Leonardo Sciascia, il grande scrittore racalmutese, ha prestato il suo commento parlato, nell’arco più o meno di un lustro, tra la metà degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, in un momento di mutamenti sociali ed economici che hanno portato l’Italia sulla via della modernizzazione. Nel panorama documentaristico italiano questi materiali, seppur di limitata quantità, assumono una notevole rilevanza per gli esiti rimarchevoli raggiunti, tanto da imporsi come paradigmi delle diverse forme di cinema di verità che si sperimentavano in Italia in quegli anni: dal documentario di impresa o industriale al film saggistico o di inchiesta; dal documentario sociologico a quello etno-antropologico, al documentario turistico culturale.
Inoltre, questi materiali risultano tipici esempi di collaborazione di alcuni importanti scrittori alla realizzazione di documentari industriali o di carattere sociale (Fosco Quilici, Giuseppe Ferrara o Pietro Nelli). Essi offrono spunti per un approfondimento del ruolo degli intellettuali nella società italiana in grande trasformazione a partire dal secondo dopoguerra e sulla relazione tra sviluppo economico e produzione culturale, intesa nel nostro caso come inchiesta basata su documenti letterari, giornalistici e d’archivio. Quelli a cui Sciascia collabora con il suo commento “over” possono definirsi film di tendenza saggistica sia per la loro breve durata che per il carattere civile e politico che li contraddistingue.
Si tratta di un cinema didattico, educativo, che scuote le coscienze, ove la realtà della nostra Isola è inquadrata in pieno con tutte le sue contraddizioni, antiche e nuove, prevalentemente di natura sociale.
In questo testo si rileva il costante e consueto impegno etico dello scrittore, solidale con le sofferenze dei deboli, con la loro fatica e con la lotta per la loro dignità.
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Il design è arte? Questa domanda, che molti si pongono e alla quale non pochi hanno cercato di rispondere in modo definitivo, costituisce il filo conduttore di questo breve libro nel quale si cerca di dare al lettore una traccia per orientarsi nel mondo dell’arte e del design, spesso insidioso e/o difficilmente comprensibile. La necessità di un ripensamento dell’opera e dei ruoli dell’artista e del critico che si adatti a una realtà in trasformazione è al centro del dibattito nell’ambiente intellettuale italiano fin dall’inizio degli anni Sessanta del Novecento.
Questione nodale è quella di definire un’arte che, per così dire, si trova al di là della dimensione dell’artisticità, nella prospettiva di una nuova apertura nei confronti della realtà, tale da dialogare con la strada, con l’attualità, con l’industria, col design, con l’architettura e altre arti; un’arte corteggiata dal mercato, che crea il proprio mercato ed è implicata nel presente.
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Da qualche anno, Palermo è oggetto di attenzione da parte di artisti che, da varie parti del mondo, hanno scelto la città quale luogo delle proprie sperimentazioni. Tale fermento ha prodotto interventi di street art in edifici abbandonati, zone urbane degradate, lottizzazioni abusive o edificazioni a ridosso della linea di costa. Le superfici della città sono diventate tele in cui sono rappresentate opere che cambiano la percezione dei luoghi, la cui immagine diventa, pertanto, mutevole. Tali rappresentazioni, mai finite in sé stesse, sono veicolo di significati densi, elaborazioni critiche di immaginimenti mentali, rappresentazioni di temi attuali e situazioni contingenti, incastonate in lacerti urbani come gemme che arricchiscono la memoria collettiva o issate come bandiere a sventolare sulle coscienze in spazi e luoghi cittadini.
Questo saggio propone una lettura del fenomeno dell’arte urbana a Palermo, indagandolo dal punto di vista della rappresentazione e raccontandolo attraverso alcuni suoi episodi significativi.
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Questo volume studia, sulla base di una documentazione prevalentemente inedita, il processo che portò alla organizzazione e alla diffusione dell’istruzione elementare nella città di Palermo nel quindicennio 1861-1876, il periodo che vide al governo nazionale la «Destra Storica», anni segnati da crisi economiche, turbolenze politiche, conflitti tra centro e periferia. Le amministrazioni comunali si trovarono in quelle circostanze a costruire quasi da nulla la scuola pubblica per l’educazione dei fanciulli: bisognava reperire i fondi necessari, formare i maestri, trovare i locali, convincere le famiglie a far frequentare le scuole ai propri figli.
Vennero così poste, con qualche successo, le basi per lo sviluppo di un sistema che avrebbe però richiesto per il suo completamento l’opera di molte generazioni.
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Humanitas prova a ricucire, ponendone insieme i singolari dinamismi artistico-intellettuali dei protagonisti opportunamente scelti e proposti, quel mosaico di contributi più o meno tangibili, più o meno immateriali, ormai entrati in circolo tra strade e vicoli palermitani, come fossero vene di un corpo segnato dal suo tempo vissuto. Si disvela così la natura di un’esposizione immaginata come momento di “rallentamento” quotidiano dalle continue distrazioni della nostra surreale contemporaneità. Una narrazione che trova tutti i protagonisti, qui restituiti attraverso la mano “felicissima” e attenta di Ilaria Caputo, sul medesimo formato verticale di elementi in legno con una tecnica mista appositamente ragionata. Una punteggiata di “volti” amici, in pose appositamente studiate per sublimare mediante i propri attributi iconografici, talvolta rielaborati se non addirittura rige- nerati, il messaggio culturale/estetico, più densamente “umano”, lasciato in forma di solco invisibile nella storia della città e nelle nostre singole percezioni più intime.
26 personaggi appositamente selezionati per questo misurato “racconto corale” di una Palermo colta e benevola. Se Ilaria fosse stata una scrittrice, avrebbe composto un’antologia biografica di questi “pezzi” di genius loci immateriale del Novecento palermitano, ma la sua espressione artistica, scelta con senno per alimentarne l’evoluzione semantica del proprio talento è la pittura, e questo marca il significato più autentico di Humanitas.
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Il libro riporta il lavoro di mappatura, elaborata con l'uso della visualization, della vita culturale parigina del Secondo Impero (1851-1870) trattata dal Journal dei fratelli Goncourt che racconta dettagli, aneddoti, spaccati della Parigi che, nelle parole di Baudelaire, creava l'idea stessa di modernità. Ristoranti, Caffè, Teatri, Salotti costituiscono così i luoghi della "sociabilità" dei fratelli Goncourt e di tutti i letterati e artisti dell’epoca.
Esiste un legame di significato tra determinati luoghi e eventi di spessore culturale nella vita artistica del Secondo Impero? È sempre possibile definire i confini della "società borghese" in contrasto con il luogo degli artisti, dei cultori dell’Art Pour L’Art nonché della "vie bohème"? Quali sono i luoghi di Parigi più presenti nelle opere dei Goncourt? E con quale significato?
Con i dati ricavati e modellizzati dalla lettura del Journal, si è in grado di rispondere a queste domande e visualizzare con inedita precisione le "occorrenze" temporali e spaziali delle frequenze dei Goncourt nella Parigi del Secondo Impero.
Every approach to the French literature of the second half of the nineteenth century is unthinkable without the knowledge of the Goncourt’s Journal: the genesis and the background of literary masterpieces pass from the pages that the two brothers noted almost daily, reporting the discussions of literary cafés, debates in circles, conversations in the salons of the capital. The aim of this essay is to map the Parisian cultural life of the Second Empire (1851-1870) that coincides with the literary life of the Goncourt brothers (Jules de Goncourt would indeed die on June 20th, 1870). Restaurants, Cafés, Theaters, Balls, Salons constitute the places of "sociability" of the two writers and of all the writers and artists of the time. Their diary, the Journal, tells the details, anecdotes, landscapes of Paris that, in the words of Baudelaire, created the real idea of modernity.
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C'era una volta un fiore è un testo che ricopre un ruolo emblematico all'interno della produzione letteraria dello scrittore. I temi centrali della favola sono quelli che ricorrono sempre nelle opere di SAID, ovvero la politica, l'esperienza dell'emigrazione, l'esilio e l'identità.
La favola racconta di un fiore che crede di non avere un colore, abbandona la sua terra natale per andare alla ricerca della farfalla arcobaleno, dispensatrice dei colori, che è stata cacciata via dai guardiani del giardino. Il piccolo fiore viaggia molto e incontra diverse figure che però non riescono ad aiutarlo.
Alla fine del suo vagabondare, incontra un anziano signore che lo accoglie nel giardino del suo cuore ed è in questo luogo incantato che il fiore finalmente scopre di avere sempre avuto un colore bellissimo.
Una favola commovente, con splendide illustrazioni, che nasconde un significato ricorrente nell'opera letteraria di SAID, iraniano di nascita ma tedesco di adozione e autore famoso in Europa, ora finalmente edito in Italia.
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DESIGN & TERRITORIO mette in scena il rapporto virtuoso tra Università e aziende, basato su ricerca, sperimentazione e innovazione.
Sei aziende – BNP, Caruso Hand-made, Covema, IDEA, Palumbo Marmi, Vivo D’Emilio – investono sul Laboratorio di Disegno Industriale di Dario Russo (Dipartimento di Architettura | Università di Palermo) per la progettazione di prodotti innovativi e comunicazione integrata.
A ogni azienda corrisponde un tema di progetto, cui si aggiunge lo studio di oggetti ispirati al percorso arabo-normanno quale simbolo della Città di Palermo (Laboratorio Palermo).